Eliminate che furono le cosiddette ingiustizie sociali,
il governo si rese conto di aver fatto,
per la felicità della popolazione, poco o niente. Varie
altre ingiustizie rimanevano da
sanare.
Ormai non esistevano più ricchi e poveri. Esistevano
soltanto poveri. Tecnicamente questa
era la soluzione esatta.
La vergogna delle ingiustizie consiste infatti soltanto
nelle sofferenze che esse provocano.
Chi ha fame soffre soprattutto perché sa che altri, coi
medesimi suoi diritti, pasteggia a
caviale e champagne. Se la fame la soffrono tutti e non
c’è più nessuno che mangi a
piacimento è più che sopportabile. Il dolore di chi
muore è la consapevolezza che gli altri
continueranno a vivere: se tutti dovessero morire
insieme con lui non dico che sarebbe una
festa, ma quasi.
Ne consegue che l’importante non era già di sfamare i
poveri bensì di affamare i ricchi.
Come appunto venne fatto.
Ora è innegabile che la scomparsa delle ingiustizie
economiche rappresentava un gran
passo avanti.
Non per questo tuttavia la gente riusciva ad essere
felice.
Si erano abolite le ingiustizie dovute a una difettosa
o malsana organizzazione, cioè alla
inettitudine o iniquità umana. Permanevano le
deplorevoli ingiustizie fisiche e intellettuali
dovute semplicemente alla natura
Perché io sono brutta e nessuno mi guarda – si
domandava per esempio una ragazza di
squallido aspetto – mentre la mia amica, bellissima, è
assediata dagli ammiratori, e uomini
ricchissimi, importantissimi e affascinanti la chiedono
in sposa ? Che cosa ho fatto di male
? Che maggiori meriti ha quella lì ? Non è una
ingiustizia ?
Più grave per le donne, questa disparità fisica
contristava anche una quantità di maschi,
nati tapini, piccoli, gracili, sgradevoli di volto.
Costoro vedevano i coetanei fortunati passare
vittoriosamente da un amore all’altro, varcare
trionfalmente le più ambite ed esclusive
soglie mondane, affermarsi negli sport, raccogliere
fruttuose simpatie nel campo del lavoro.
Anch’essi pensavano:perché loro si e io no ? Che cosa
ho fatto di male ? Non è una
ingiustizia ?
Ardua fu la realizzazione di questa seconda grande
riforma. Difficoltà tecniche e
psicologiche. Eppure grazie all’ausilio della scienza,
ogni ostacolo venne superato.
Non si potevano trasformare le arpie in veneri, i
cercopitechi in apolli. Si però fare il
contrario, così da raggiungere un livellamento estetico
che non desse più luogo a
mortificanti e talora tragiche gelosie.
L’intera popolazione venne passa al vaglio da apposite
commissioni. Uomini e donne
favoriti dalla natura vennero schedati, quindi
costretti a subire un trattamento per nulla
doloroso, approntato dal ministero dell’igiene. Si
trattava di semplici iniezioni le quali, a
seconda dei casi, provocavano un rapido e deturpante
ingrassamento, facevano esplodere
repellenti macchie cutanee, rammollivano i muscoli,
promuovevano una crescita abnorme
dei nasi, deformavano le bocche e il seno, appannavano
o rimpicciolivano gli occhi, in base
a sapienti graduazioni.
Nel giro di pochi anni nel paese non ci fu più una sola
donna che si potesse chiamare bella
secondo i classici criteri, né un maschio che potesse
primeggiare per prestanza fisica.
Certo, per i minorati artificiali, l’afflizione fu
grande. Tuttavia il loro sacrificio, come era già
avvenuto col livellamento economico, era ampiamente
compensato dalla soddisfazione dei
minorati naturali i quali costituivano la stragrande
maggioranza. Non più invidie. Non più
odi, non più complessi di inferiorità.
Senza contare che, non essendo più disponibili
esemplari umani di splendide forme, anche
il gusto collettivo ben presto si modificò, accettando
per buoni dei corpi e dei volti che un
tempo sarebbero stati giudicati disastrosi. Era così
tolta di mezzo una fonte inesauribile di
amarezze e scontenti.
Si era infine raggiunta la soddisfazione generale, la
serenità di tutti gli animi ? Ahimè, una
uguaglianza effettiva era ancora di là da venire.
Ben presto si lamentò un inconveniente, che del resto
era facilmente prevedibile: anche se
nessuno poteva eclissare gli altri con la sua bellezza,
anche se le condizioni di partenza
erano uguali per tutti, anche se a tutti veniva
somministrata una identica istruzione, già nel
corso dell’adolescenza si manifestavano, da individuo a
individuo, allarmanti disparità.
C’erano gli intelligenti e gli zucconi, i crani pieni
di fosforo e quelli pieni di ovatta.
Chiaro che nella vita i primi, che erano una piccola
minoranza, avevano un netto
sopravvento, accaparrandosi i posti di direzione e di
comando con tutti i vantaggi relativi,
sociali e materiali. Ecco dunque ancora un vergognoso
privilegio, che faceva ancora più
spicco di un tempo, le altre disuguaglianze essendo
scomparse.
Anche in questo frangente si determinò una corrente di
opinioni che diede vita a un grosso
partito politico: la sua finalità, abolire questa
ultima ingiustizia, fonte di infelicità per una
massa immensa di persone. Ma come ? Realizzando l’incretinimento
artificiale delle
persone più intellettualmente più dotate ?
Proprio così. Per quanto mostruoso, il progetto,
attraverso violente campagne di stampa,
movimenti di piazza e perfino attentati, riuscì ad
imporsi. E vari scienziati, nella speranza di
ottenere una esenzione dalla incombente purga, si
prestarono a fornire i mezzi per il
ridimensionamento collettivo dei cervelli.
Inutilmente si faceva presente come, tarpate le ali
agli ingegni migliori, il paese non
avrebbe fatto più un passo sulla strada del progresso.
Quale progresso ? si chiedeva. Il
progresso scientifico e tecnico, si rispondeva. E i
riformatori: A quello ci penseranno i paesi
capitalisti, noi potremo sempre importarlo.
Il governo, naturalmente, era contrario, anche perché
formato da uomini e donne di
intelligenza super normale i quali non avevano nessuna
voglia di lasciarsela togliere. Ma le
forze armate di cui esso disponeva, esercito, polizia,
guardia nazionale, erano invece
formate, nella quasi totalità, da teste mediocri se non
addirittura da autentici somari.
I battaglioni schierati a contenere la << rivolta degli
asini >>, non resistettero, facendo
subito causa comune con gli insorti: dopo tutto, anche
i soldati e le guardie soffrivano di
quella superstite ingiustizia.
Una giunta, di idioti naturalmente, si impadronì delle
leve del potere. Le galere non
bastarono a contenere tutti i cittadini intelligenti o
sospetti di intelligenza, che furono
dichiarati nemici della patria. Alla periferia delle
città sorsero vari campi di concentramento.
Quindi i malcapitati furono tratti, a scaglioni, negli
istituti dove, con appositi trattamenti fisici
e chimici, si trasformavano le aquile in marmotte.
Dopodiché tutti si trovarono ad essere ottusi
pressappoco allo stesso identico livello: con
giubilo universale perché ormai anche i << castrati di
mente
non erano più in grado di
apprezzare i vantaggi dell’intelligenza.
Ci si accorse poi con molta soddisfazione che, non
emergendo più spiccati talenti.
L’amministrazione della cosa pubblica procedeva di gran
lunga più ordinata e spedita di un
tempo, insomma che un certo clima di cretinismo diffuso
era favorevole, anziché
controproducente, all’attività governativa.
Ora, finalmente, nessuno più poteva lamentarsi di
ingiustizie, tranne quelle attinenti alle
malattie, le quali però, in confronto al passato, erano
molto ridotte di numero e di virulenza.
Ci si doveva dunque attendere l’avvento di una
serenità, se non di una felicità generale.
Eppure non era così. Tra uomo e uomo, tra donna e donna
rimanevano ancora delle
insospettate differenze. A parità di soldi, di
bellezza, di capacità mentale, c’era però l’uomo
buono e l’uomo cattivo. Era venuta a sparire quel
genere di bontà, che potremmo chiamare
squisitamente intellettuale, alla quale porta
infallibilmente l’intelligenza superiore. Ma
esisteva ancora, sparsa qua e là nella moltitudine,
quell’altro tipo di bontà, congenito e
inconsapevole, che risplende talora negli sguardi di
estrema semplicità come certi
montanari, certi contadini, certi barboni, certe suore.
Ora si sa benissimo come la virtù, Che è conseguenza
diretta della bontà, susciti intorno a
sé fastidio e insofferenza, tanto che, se la si
possiede, conviene praticarla di nascosto per
non destare scandalo. E’ una mortificazione, una
cocente offesa, per l’animo meschino,
assistere a un gesto nobile, generoso, altruista, che a
lui sembra quasi una rampogna. E si
sa pure che purtroppo i meschini, i gretti, i cattivi
sono i più. Il mondo infatti, diceva
Leopardi, è una lega di birbanti contro pochi uomini
dabbene.
Ed eccoci finalmente alla postrema invidia sociale che
non poteva essere eliminata da
nessuna legge.
La scienza aveva insegnato il modo di abolire le
ricchezze, la bellezza, l’intelligenza, ma di
fronte alla bontà si trovava impotente. Tanto più
dolorosa e mortificante era perciò la
condizione dei malvagi, che non potevano sperare di
veder ridotti i buoni al medesimo loro
livello morale. Inutile fare cortei di protesta e gesti
di violenza, sperare in un intervento del
governo. Quanto più i buoni fossero stati perseguitati
e conculcati, tanta più lice sarebbe
irraggiata dal loro animo puro.
Bene. Uomini e donne, dopo il livellamento di cui
sopra, erano più o meno tutti dei bietoloni
di assai precaria efficienza mentale. Gli era rimasto
però quel tanto di cervello per capire
che se era negato trasformare i buoni in malvagi, era
pur sempre possibile che un malvagio
diventasse buono.
E così per l’appunto accadde, sebbene la cosa possa
ancor oggi, dopo tanti anni, apparire
incredibile.
Per togliersi di dosso il tormento di quell’invidia,
poiché constatavano come i buoni fossero
incommensurabilmente più allegri e in pace con il
mondo, anche le persone più abiette si
sforzarono disperatamente di avvicinarsi a loro. E
dapprima, come è ovvio, furono tentati
velleitari, atteggiamenti esterni sostenuti soltanto
dall’ambizione e dall’ipocrisia. In seguito,
indossata la maschera della bontà, lentamente alla
maschera cominciarono ad
assomigliare veramente. Finché un bel giorno, quasi
senza accorgersene, si trovarono
puliti, tranquilli, pieni di benevolenza verso il
creato e i suoi abitanti.
Cosicché la folle mania dell’uguaglianza, dopo essere
passata attraverso inverosimili
assurdità, stoltezze e turpitudini, assicurò finalmente
agli uomini una specie di paradiso.
Tutti poveri, brutti e cretini, però galantuomini di
cuore con l’animo in pace.